martedì 12 giugno 2012

Un padre



"E' venuto qui per sapere chi è suo figlio..."
 
Il padre ha la faccia scavata e i capelli corti e bianchi. Gli dico di sedersi, ma sembra non sentirmi, ha fretta di parlare e dirmi tutto quello che lo ha portato a venire qui, all'università, per sapere quanti esami ha superato suo figlio, con che voto e quando, insomma, per quanto possa sembrare folle, così dice, è venuto qui per sapere chi è suo figlio e cosa deve fare per riuscire a dormire la notte senza avere gli incubi. Sarebbe meglio non averli, provo a dire, ma il padre ribatte che lui è una persona senza scheletri nell'armadio, con un passato da centometrista alle universiadi e tutta una vita passata a lavorare e accudire la madre malata. Ma non è di questo che voglio parlarle, mi dice il padre, la questione è che mio figlio, ora, mentre io sono qui a parlarle di me e delle mie preoccupazioni e della conseguente insonnia che non mi dà pace da più di un mese, mio figlio, dicevo, è a letto a dormire. Capisce? Ora lei penserà che mio figlio è uno di quelli che fa tardi la sera, a ballare in discoteca o al pub con gli amici, e forse, se devo dirla tutta, anch'io vorrei che fosse così, perché sarebbe tutto più semplice, più comprensibile, più logico, invece no... Mio figlio, dice il padre, passa le serate al telefono con la fidanzata, chiuso in camera, attacca a parlare alle nove, nove e mezzo, e vanno avanti a parlare, o forse dovrei dire a dibattere, per due, tre ore, perchè quando io vado a letto, tra le undici e mezzanotte, lo trovo a letto con il cellulare sul cuscino e la tv accesa a volume bassissimo. In quei momenti, sa, vorrei tanto prenderlo tra le mie braccia, scuoterlo e chiedergli cosa ha fatto tutto il giorno e cosa pensa pensa di lui quella sua fidanzata che ancora non si è degnato di farmi conoscere, ma poi desisto, spengo la tv e chiudo la porta e rimando tutto al giorno successivo, anche se so che così non otterrò nulla, e che nulla cambierà finché non sarò io, questa volta, a mettere le cose in chiaro e obbligare mio figlio a dirmi tutto e capire in che modo la sua inettitudine sia una conseguenza mia e di mia moglie. Ma questa è un'altra storia, mi dice il padre, e ora è meglio che non le faccia perdere altro tempo e che me ne vada, ho già capito che lei non può o non vuole aiutarmi, e forse, lasci che glielo dica, è meglio così, io volevo venire quassù per sapere chi è mio figlio, lei mi dice che non ne sa nulla e che anche se lo sapesse non potrebbe dirmelo per non violare la legge, e allora io le dico che questo mi è bastato, sapere che qui non è mai venuto e che anche se fosse venuto per lei sarebbe indifferente quanto la mia molesta presenza in questo momento. Il padre uscì sbattendo la porta, non feci in tempo a raggiungerlo in strada che lui era già salito in sella alla bicicletta e stava andando contromano, dritto contro una macchina che in quel momento sfrecciava davanti ai nostri uffici, chiusi gli occhi e lo stridore dei freni fu interminabile, dura ancora adesso, ogni volta che qualcuno mi incontra per strada e mi chiede cosa aspetto a farmi una famiglia e diventare padre.

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