giovedì 14 giugno 2012

Precipitare dentro un vuoto chiamato nulla (fingere che tutto vada bene)


"Il lavoro stesso è ogni giorno di più a rischio..."
E' difficile, ammettiamolo, concentrarsi sul lavoro, mostrarsi aperti, disponibili e propositivi con i colleghi e con i clienti, quando il lavoro stesso è ogni giorno di più a rischio, quando le tue funzioni, quelle che un giorno ti facevano identificare con il tuo lavoro e ti permettevano di parlarne quando qualcuno te lo chiedeva, le mansioni che trovi ancora scritte sul mansionario ma che nella pratica non ci sono più, quando il lavoro, l'unico lavoro serio e pagato che hai fatto nella tua vita, assomiglia ogni giorno di più a un fantasma.  In questi casi bisogna tenere duro, si dice, afferrarsi a quel poco che resta del lavoro di un tempo e convincersi che tutto vada bene e che un giorno, presto o tardi, tutto cambierà, in un verso o nell'altro, tutto cambierà e la tua vita prenderà una forma che speri possa essere un po' più definita di quanto sia ora. Se fossi un operaio, ti direbbero di restare alla catena di montaggio ad accendere e spegnere le macchine in attesa che i Dirigenti decidano cosa vogliano fare della Ditta. Purtroppo, però, questa non è una ditta, qui si erogano servizi, e tu stesso, lo sai, costituisci un servizio per la struttura, e come tale devi essere presente,  altrimenti la qualità generale del servizio decade, e con quella la credibilità e l'operatività stessa di tutti gli altri tuoi colleghi. Pochi colleghi, tanti problemi, dici, ma nessuno sembra prenderti sul serio, c'è così tanto da fare che nessuno dei tuoi colleghi, così pochi da poterli contare tutti sulle dita di una sola mano, nessuno di loro, dicevamo, può dedicarti più di cinque minuti, il tempo per andare e tornare dal distributore automatico e sfumacchiarsi una sigaretta. I tuoi colleghi parlano di lavoro, tu taci e aspetti che loro abbiano finito di parlare per rientrare in ufficio e proseguire, tra una pratica e l'altra, nella ricerca di un nuovo lavoro, qualunque esso sia, purché ti permetta di metterti in salvo prima che il Presidente ti comunichi la necessaria interruzione del rapporto di lavoro per cause indipendenti dalla sua e dalla tua volontà. Potresti licenziarti, ti aiuterebbe a sentirti protagonista dopo anni passati a vivere all'ombra dei colleghi, protagonista per pochi minuti, forse, il tempo di consegnare la lettera di dimissioni e salutare i colleghi. Il problema, però, è un altro, e tu lo sai bene. Licenziarsi significa non prendere un centesimo finché non avrai un lavoro, mentre essere licenziati è tutt'altra musica, più traumatico, forse, dal punto di vista psicologico ma molto meno da quello remunerativo, visto che, al momento, esiste ancora una forma di indennità di disoccupazione per coloro che hanno perso il lavoro. E siccome tu il lavoro ce l'hai, e puoi perderlo, sì, e con quello usufruire di uno di quegli ammortizzatori sociali di cui ha sempre sentito parlare,  licenziarti, al contrario, significherebbe fare un salto nel vuoto, significherebbe precipitare rischiando di farti male senza nessuno che possa aiutarti. Qualche volta pensi che finirai per smettere di andare al lavoro per noia, o depressione, o qualche strano male legato a quella costante sensazione di prigionia che provi ogni volta che metti piede nell'ufficio e devi accendere il computer.   








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