lunedì 30 luglio 2012

un romanzo non è un romanzo

Un romanzo non è un romanzo perché in copertina campeggia la scritta romanzo e il giornalista definisce l'autore un romanziere.
 Un romanzo non è un romanzo perché la storia che leggiamo ha un inizio e una fine e personaggi con i quali finiamo per familiarizzare.
Un romanzo non  è un romanzo perché supera le cento pagine e i capitoli non hanno un titolo che li distingua l'uno dall'altro.
Un romanzo non è un romanzo perché tutti lo chiamano romanzo e lo paragonano ad altri oggetti narrativi catalogati sotto con lo stesso nome.

Un romanzo è un atto contronatura: voler raccontare tutto con la consapevolezza che tutto non è possibile dire: basti ricordare  le colonne d'Ercole del romanzo moderno, "Don Chisciotte" e "Vita e opinioni di Tristram Shandy": cos'altro sono se non un grandioso e spassoso tentativo fallito di dire tutto senza riuscire a farlo e proprio per questo rendendo l'esperimento una creatura narrativa nuova e mai fine a se stessa?
(Provare ad aprire un capitolo a caso di uno delle colonne d'Ercole del romanzo moderno e chiedersi in cosa lo distingua da un libro di racconti; oppure fare l'operazione contraria, leggendo dalla prima all'ultima pagina "I racconti di Pietroburgo" di Gogol e "Nel nostro tempo" di Hemingway e chiedersi perché non siano stati definiti romanzi).

Se i peggiori romanzi, infatti, sono proprio quelli che hanno la presunzione di raccontare un mondo compiuto e circoscritto, con un inizio e una fine e una morale intrinseca, i migliori sono quelli che vanno proprio nella direzione opposta: puntano a non dire nulla eccetto quello che mostrano, a diseducare il lettore e lasciargli intravedere una realtà a metà strada tra il sublime e lo spaventoso, tutt'altro che confortante ("L'educazione sentimentale" di Flaubert, "Il processo" di Kafka), o a dire troppo, mostrando l'inaudito, in un  una sorta di allucinato cortocircuito tra la realtà che conosciamo e la visione che ci viene filtrata dal narratore ("Viaggio al termine della notte" di Celine, "Tamburo di latta" di Grass, "Il Maestro e Margherita" di Bulgakov).

Ad ogni modo il mio romanzo preferito resta Bartlebly lo scrivano. Ricordo tutto della storia, le risate che mi provoca nelle prime pagine, i brividi di commozione che mi suscitano le ultime, il senso di spaesamento continuo che provo ogni volta che lo riprendo in mano e il senso di struggimento a lettura terminata: eppure se qualcuno mi chiedesse di quante pagine è composto, oppure che cosa rappresenta,  non saprei cosa rispondere!

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