lunedì 14 novembre 2011

La prima storia

La prima storia che mi hanno pubblicata è nata per gioco. Io e un'amica abbiamo scritto una parola su un foglio. Lo abbiamo appallottolato e lanciato in aria. Io ne ho preso uno e ho letto: "Tacchi a spillo", lei ha preso l'altro e ha letto: "Unghie".
 Unico limite: non più lungo di una pagina.
La settimana dopo siamo andati in trattoria. Ci siamo scambiati le storie e abbiamo firmato su un tovagliolo di carta un impegno a continuare a sfornare storie e presentarle all'altro ogni mercoledì.
Da allora sono passati un po' di anni. La mia amica l'ho persa di vista, e "Tacchi a spillo" qualche settimana dopo è cresciuto e l'ho inviato per mail a un sito di narrativa on-line che ha deciso di pubblicarlo. Poi il sito di narrativa on-line ne ha pubblicati altri, di miei racconti, e qualche mese dopo uno scrittore famoso ma non troppo mi ha contattato per chiedermi di mandarli a lui, i racconti, che faceva l'editor per una casa editrice romana. Gliene ho mandati altri, e ogni volta li leggeva e li commentava subito, nel giro di un'ora o due. Poi un giorno mi propose di scrivere un romanzetto, disse che ero pronto. Io non lo ero, ma alla fine ho ceduto. E intanto che scrivevo il romanzetto, mi ha proposto di scrivere anche una lettera a un politico o celebre personaggio storico. Alla maniera di "Herzog" di Bellow, mi scrisse. Mi sono preso una settimana, l'ho fatto e subito gliel'ho spedita. All'editor, la mia lettera, è piaciuta. Quando mi ha scritto che l'aveva letto e che gli era piaciuta e che difficilmente qualcuno sarebbe riuscito a scriverne una più bella, non ho creduto ai miei occhi, ho spento il pc e me ne sono andato a casa (all'epoca non avevo un pc a casa e per connettermi utilizzavo le postazioni che forniva la segreteria dell'università).
Poi i romanzi li ho scritti. Non sono piaciuti a nessuno; e a dirla tutta nemmeno a me, se escludiamo l'entusiasmo delle prime settimane. Ora scrivo solo racconti. Sono tornato lì da dove ero partito, ma questo è quello che mi piace di più e che so fare meglio. Sono racconti. Storie con un inizio e una fine e nessuna pretesa di insegnare o criticare alcunché.  
Ne ho già sei di cui vado fiero. Più di quanti ne avessi scritti all'epoca in cui lo scrittore famoso ma non troppo mi propose di passare al romanzo e lasciar perdere i racconti. Forse questo è un buon segno, oppure no, ma che importa, quello che conta è trovare le parole giuste e dirle nella sola maniera possibile per la storia che si sta raccontando.

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