mercoledì 30 maggio 2012

About Philip Roth

 
"Quando è cominciata la mia storia con Philip Roth..."

Sono un po' di giorni che adocchio i libri di Philip Roth che riposano nella mia libreria in attesa di venire scelti e letti. E così questa mattina mi sono chiesto quando è cominciata la mia storia con Philip Roth. Vediamo. Ho scoperto l'esistenza di uno scrittore chiamato Philip Roth ai tempi dei primi anni di università. Era stata la copertina ad attrarmi - il disegno pop e anche un po' kitsch di un seno -, e il titolo: lamento di portnoy. Lessi le prime righe, e subito decisi di acquistarlo. Poi uscii dalla libreria e continuai a leggerlo alla fermata del bus, e poi a casa, prima di cena e dopo cena (fosse per me avrei continuato a leggerlo anche durante la cena, ma in quei giorni ero tornato dai miei genitori e non credo che a loro sarebbe andata a genio l'idea di cenare in compagnia di un libro), e così i giorni a seguire, finendo per sentirmi talmente affine con il personaggio di Portnoy da chiedermi se nella mia famiglia, da qualche parte remota nel nostro sperduto e sommerso albero genealogico, ci fosse qualche goccia di sangue ebreo. Che io sappia no, e dato che indagare sul passato della mia famiglia non è mai stata un' avventura nella quale volessi andarmi a cacciare, ho smesso di pensarci e ho continuato a leggere il libro fino all'ultima pagina, chiedendomi, mano a mano che le pagine scorrevano e la parola fine s'approssimava, quale sarebbe stato il prossimo libro di Pihilip Roth che avrei potuto leggere. Avevo sentito parlare molto bene di "Pastorale Americana" e così deciso di acquistarlo, ma il libro finì dritto dritto nello scaffale della mia libreria e non lo ripresi più in mano per molti anni - e il motivo è presto detto: nelle letture sono un poligamo alla massima potenza, so essere fedele a uno scrittore per uno, due libri, dopo di che la curiosità di andare a ficcare il naso dentro qualche altro scrittore è più forte di me, e così abbandono lo scrittore appena letto con la promessa di tornarci quanto prima, appena finito di scoprire quest'altro scrittore, e forse anche quell'altro, ecc. Insomma, gli anni sono passati, l'università l'ho finita, e quando decido di tornare su "Pastorale Americana" ne leggo le prime 30 pagine e lo ripongo con la promessa che presto ci sarei tornato, quando fosse stato il suo momento, perché si sa, ogni libro non è mai lo stesso, cambia, a seconda del lettore e, soprattutto, del momento nel quale il lettore decide di leggerlo. Più o meno in quello stesso periodo decido di andarmi a leggere un libro smilzo e agile di Philip Roth, con una copertina piuttosto simile a quella del "Lamento di Portnoy", ancora una volta un seno, questa volta ritratto in fotografia, questa volta meno colorato e divertito e decisamente dai toni più drammatici, insomma, un buon viatico per un romanzo di Philip Roth, tanto più che anche questa volta, fin dalle prime pagine, sentii che la storia mi bruciava i polpastrelli e le pagine volavano via una dopo l'altra con una velocità sorprendente. Il titolo, al quale non feci molto caso, era "L'animale morente", uno dei pochi romanzi che abbia letto due volte nel giro di uno stesso anno, la prima volta per sapere com'era, la seconda per capire in che modo era quello che era. La seconda lettura si rivelò più entusiasmante della prima, e con quella prosa nelle orecchie scrissi un racconto di cui andai fiero e che piacque enormemente a un editore, e forse fu per quello che da allora non ho più letto nulla di Philip Roth che riuscisse a piacermi tanto, e sì che ho letto "Everyman" e "Il seno" (eccolo, ancora una volta, il seno, in copertina e nel titolo e nelle vesti del protagonista del racconto) e, ancora una volta, più o meno con gli stessi risultati della prima lettura, "Pastorale americana". Bene, ora credo che sia tornato per me il momento di prendere in mano uno dei libri che sonnecchiano nella mia libreria, e da lì ripartire il viaggio allucinante dentro l'universo dello scrittore che più di ogni altro riesce a farmi venire voglia di finire presto di lavorare o mangiare o fare alcunché non mi permetta di sedermi da qualche parte a leggere senza pensare ad altro che a vedere come va a finire.  

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