"Era un po' di tempo che non usciva di casa..." |
Umberto si calò il cappello in testa e scese in strada.
Era un po' di tempo che non usciva di casa. Preferiva starsene seduto in poltrona a sentire tutti i telegiornali o i documentari che riusciva a trovare, oppure affacciato alla finestra a scrutare il movimento in strada. Qualche volta si preparava un tramezzino, o un'insalata, e tutte le volte apparecchiava la tavola, accendeva la radio e stendeva le gambe davanti a sè sull'unica altra sedia disponibile nella stanza. Alla fine del pasto mangiava un bastoncino di liquirizia, afferrava una rivista di enigmistica e passava tutto il tempo che gli serviva per riuscire a completare il tabellone delle parole crociate. In quei momenti dimenticava tutto di sè e tornava bambino, quando passava i pomeriggi a inventare cruciverba che il giorno dopo sottoponeva agli amici, i quali avevano difficoltà a risolverli e che proprio per questo si vendicavano mettendo in giro la voce che lui fosse malato di una malattia misteriosa e contagiosissima e che l'unico modo per restarne indenni fosse evitarlo. Ma ora era venuto il momento di uscire, si disse. Le giornate si erano allungate, il cielo era sereno e nemmeno una nuvola sembrava turbare la quiete e la grazia di una primavera precoce e dolcissima. E poi restarsene chiusi in casa quando persino gli appartamenti vicini erano immersi nel silenzio, no, questo era intollerabile.
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